Frasi al vento.

Lascio che le cose mi portino altrove... Ma l' animale che mi porto dentro non mi fa vivere felice mai si prende tutto anche il caffè mi rende schiavo delle mie passioni Svincolarsi dalle convinzioni, dalle pose, dalle posizioni Meccanici i miei occhi di plastica il mio cuore meccanico il cervello sintetico il sapore meccaniche le dita di polvere lunare in un laboratorio il gene dell'amore Supercalifragilespiralitoso, Autofranitendimento

domenica 8 maggio 2011

Polvere

Ho bisogno di essere forte, determinata nell'atto di cambiare vita.
Ho bisogno di quel coraggio per guardarti in faccia un'ultima volta e non sentire più niente, più alcun dolore. Ho bisogno di questo per (ri)cominciare a vivere.

E invece mi trovo qui, fragile da far spavento, fuori di me dalla paura.
Paura di stare di nuovo male, paura di tornare a odiare così tanto la vita da desiderare la morte, paura di tornare a sentire ancora una volta immeritato ogni piccolo accenno di sorriso che sto così faticosamente costruendo.

Immeritato perchè basta un niente perchè io torni a sentirmi meno che un granello di polvere, desideroso di sparire.

Spero che stiate bene, spero che siate se possibile un po' più felici, almeno un po'.
Questo per me è un momento di delicata attesa, le cose possono davvero cambiare, forse.
Vorrei dirvi tante di quelle cose che poi, al momento di essere riversate sulla tastiera, si perdono in mille pensieri confusi, incoerenti e sciocchi.
Perciò per ora aspetto e, nell'attesa, vi abbraccio davvero forte.

martedì 26 aprile 2011

Vetro infrangibile

Adoro lo stato surreale in cui ci si sente quando si ha la febbre alta.

Le percezioni alterate, il distacco dal mondo, la sostanziale distanza da ogni cosa.
Scotto di un'ardita scampagnata sui monti con pioggia e vento,
uno scotto che pago volenteiri, però.

Ieri ho capito che lui, no, nemmeno lui fa per me.
Ho il giusto distacco, ora, per capirlo davvero.

Ebbene si, confesso, c'è di mezzo un lui,
o meglio avrebbe potuto esserci.

E' da un po' che mi gironzola intorno,
che si apposta fuori dalle mie aule di lezione,
che mi fa lunghe telefonate piene di stupide carinerie.

Mi guarda, mi sorride.
Gli sorrido.

Poi il sorriso mi si congela in faccia e con lui anche il cuore.
Bah, sarà che non sono abituata alla gentilezza ma non gli credo.

Lo odio di cuore quando si ostina a ripetere "Sei bellissima".
Odio la sua ostentata allegria,
la sua leggerezza di sentimenti,
la facilità con cui, veri o no, li esterna.

E io che non sono bellissima,
che non ho facilità di cuore
né il suo chiassoso buonumore,
ho capito che tutto questo non fa per me.

Fidarsi?
Aprirsi?
Rischiare?
LASCIARSI ANDARE?

Giammai!

E torno a non capirmi,
a non capire come sia possibile conciliare quest'irrazionale fobia verso il prossimo,
specie se di attitudine benevola,
alla necessità vitale che avverto di abbattere la separazione tra me e il mondo.
Tra me e i miei sentimenti non c'è un muro
ma un vetro infrangibile.

Posso guardare oltre senza riuscire a raggiungerli mai.

domenica 24 aprile 2011

Rinascita

Non ce la faccio più a sentirmi sempre la cicciona fuori posto, l'essere sgraziato, ottuso e insulso che sono.

E mi vergogno da morire quando mi abbuffo di nascosto.
E mi vorrei solo nascondere ogni volta che incrocio il mio sguardo nello specchio.
E vorrei solo illudermi di essere altro rispetto a questo corpo che non sento mio ma che invece mi trascina ogni giorno più in basso.
E mi senza accorgermene ad invocare la malattia, a rimpiangere i lunghi digiuni, i giramenti di testa e quell'illusione di essere null'altro che aria.

Che crediate o meno, io oggi vi auguro una vera rinascita rispetto a tutta questa maledetta vita, che non è altro che morte.

domenica 10 aprile 2011

Parla Piano

Un mese.
No, non un mese, di più... un mese che è una vita intera.

Nascita, crescita e... morte.

Sto male ma non è il cibo a preoccuparmi.
Si, ok, non mangio per giorni interi.
Poi mi abbuffo, vomito e piango.
Poi digiungo.

Ok, ma non è questo.

E' che... sono ancora troppo fragile.
Il mondo mi precipita in testa e non ho nulla con cui farmi scudo.

Ad uccidermi sarà una parola cattiva,
a seppellirmi un'incomprensione.

Veniamo a noi...
lo so che non è questo il modo di gestire i rapporti, di rendere la giusta importanza a chi ha ogni volta la pazienza di leggermi, di ascoltarmi, di consigliarmi.

Lo so e... non riesco a farci niente.
Solo, scusate, se potete.

E a te che sparisci, riappari e pretendi.
A te che aggredisci, ferisci e ti senti ferito.
A te che parli tanto ma non ascolti mai.
A te che ho troppo ascoltato e con cui non non ho più la forza né la voglia di parlare.
A te che non lo saprai mai perché, in fondo, non c'è nulla da sapere,
nulla che non avresti potuto leggere nei miei occhi se solo ti fossi fermato un attimo a guardare.
A te che, lo so, non meriti più lacrime o dolore.

E a me, che nonostante te, sono ancora umana.

sabato 5 marzo 2011

Ho scritto questa goffa preghiera di getto, col cuore in mano e le mani un po' sudate.

Torno su questo blog, e mi tremano un po' le mani.
Torno da voi con un po' di ansia, che potremmo definire quasi da prestazione.
Torno con lo spirito di chi non sa se le parole se sta scrivendo siano scarabocchi gettati nel vuoto o parole vere nella loro imperfezione, accolte con un misto d'indulgenza e comprensione.

Perciò, semplicemente torno, senza essermene mai davvero andata, almeno con la mente.

Torno per dirvi che sto cercando di vivere,
e che questa è l'esperienza più difficile della mia vita.

Nessuna epifania, nessuna ispirazione dall'alto o improvvisa redenzione dell'animo.
Nessuna guarigione, ma respiro accelerato, tachicardia, panico.

Ho passato troppo tempo a stare male,
un tempo che mai nessuno mi ridarà.
Non voglio arrivare alla fine di questa vita lasciandomi dietro solo lacrime, solitudine, privazioni.
Voglio avere qualcosa da ricordare, voglio iniziare a costruire.

Ora come ora la serenità è una violenza.

E' straziante cercare di ridere, convincere se stessi e gli altri che il cibo non è un problema,
che la vita non è un problema.
Che la depressione non è mai esistita, che gli attacchi di panico sono solo un brutto incubo, che i calmanti non servono a nulla.
L'istinto è sempre quello, di lasciarsi andare, di farsi trascinare.

Non esistere è la via più facile,
ma mi ci sono rifugiata una volta di troppo.

Voci non ne ho sentite più se non quella della mia autocoscienza, voglio provare ad ascoltarla.
E' per lei, per me, per voi, che ho scritto questa goffa preghiera di  getto, col cuore in mano e le mani un po' sudate.

Statemi vicina, per favore.
Aspera

venerdì 11 febbraio 2011

Allucinazioni uditive

Sto definitivamente,
inesorabilmente avvicinandomi alla pazzia.
schizofrenia Niente retorica, nessuna esasperazione, spesso non mi sento lucida e ho paura.

Adesso ci si mettono anche le allucinazioni uditive.

Prima stavo strimpellando qualcosa al pianoforte e ho sentito una voce chiarissima nel mio orecchio dirmi:
"Tesoro".

Era una voce che non avevo mai sentito prima, soffiata ma nitidissima. Dritta diritta nel mio timpano sinistro. Sono sobbalzata e mi sono girata di scatto ma ovviamente non c'era nessuno.
E' la prima volta che mi succede una cosa del genere e non vi nascondo che mi ha fatto davvero paura. Forse è il troppo stress, la continua tensione col cibo (che in questi giorni ha raggiunto praticamente il Binge) oppure sto semplicemente impazzendo.

Beh amen,
ma se adesso ci si metteranno anche le voci non credo di farcela,
è davvero troppo tutto insieme
e io vorrei solo un po' di maledettissima pace.

domenica 23 gennaio 2011

Il fallimento dei numeri primi

Ho paura
e non è da me.


Ossessioni su ossessioni,
anche la ricerca della felicità è potenzialmente fatale,
soprattutto nel suo essere costantemente infruttosa.


Perciò per un po' lascerò che sia la malattia con la sua piccola finta gioia a guidarmi.
Non è tempo di cercare un'equilibro reale, adesso.
Non è i momento di raccontarsi favole.
Dopo l'altra sera ho bisogno di una seppur sintetica serenità e l'unica cosa che può darmela ora è... beh, continuare a sbagliare. 
Perciò ben vengano i giramenti di testa, l'alimentazione inesistente e tutte le care vecchie abitudini. 
Bentornati cari fantasmi, forse non ve ne siete mai andati.


Per quante cose non è tempo,
per quante non ha mai smesso di esserlo.


Ieri notte ho iniziato a leggere  La solitudine dei numeri primi, di Paolo Giordano .
Questo libro mi ha sempre suscitato una forte sensazione di paura,
una paura talmente forte che avevo deciso di affrontarla.
Io e la mia mania di affrontare le cose, 
di aggredire le mie paure con le urla
per ricevere puntualmente  sberle.


Può un libro fare paura? Si, se la propria vita ha lo spessore di un foglio di carta.


In un quello che mi è parso un lungo secondo ho letto la prima cinquantina di pagine pagine,
poi ho iniziato a piangere.
Ho chiuso il libro e l'ho affidato al buio dell'ultimo cassetto della libreria.


Nascosto nel buio anche lui, non è il suo momento.


Questo è il fallimento dei numeri primi.


  
Nascondendo il cibo nelle tasche, nel tovagliolo, sotto il tavolo, mi illudo di nascondere me stessa, di proteggermi dal mondo e da me stessa.


I numeri sulla bilancia scendono veloci e con loro, per uni istante, sembrano calare tutte le mie angosce, i miei problemi, le mie piccole miserie quotidiane.


Per un istante fingerò di crederci,
e andrà bene così. 

giovedì 20 gennaio 2011

L'incredibile pesantezza dell'essere

Se avessi dato retta a quella voce nella mia testa che, ieri sera, mi invitava a chiuderla qui, adesso non sarei qui a scrivere questo post.
All'ultimo secondo, invece, una scarica d'istinto auto conservativo (toh, ecco dov'era finito.) ha avuto la meglio.

Non ho mai avuto così paura di nulla come ieri sera ho avuto paura di me stessa.

Mettendo in ordine il bagno e la scatola dei medicinali mi è capitata sottomano una siringa.
Il pensiero è nato fluido, e sempre nitido è andato sviluppandosi, come se fosse una cosa ovvia,
la più giusta delle realtà.

Basta un po' d'aria in vena,
ne serve solo un po'
e la partita finisce qui.

Ho riempito la siringa,
tre centilitri.
L'ho premuta contro la vena,
mi sono guardata allo specchio
poi ho guardato il mio braccio e la siringa
e...l'ho scagliata via.

Non si scappa da qui,
dall'inferno si esce ma non si scappa.

domenica 9 gennaio 2011

To do list

  1. Assecondare l'irrefrenabile impulso di mangiare qualsiasi cosa. - (V)
  2. Bere un litro d'acqua - (V)
  3. Chiudersi in bagno, canticchiando, e vomitare - (V)
  4. Cercare nervosamente di studiare - (V)
  5. Fallire ogni tentativo di concentrarsi e innervosirsi ancoda di più - (V)
  6. Mangiare un'intera scatola di dolci alle 19 di sera, sotto gli sguardi appannati della propria cara famigliola - (V)
  7. Avere il bisogno fisico di tornare in bagno e ripetere il rituale ma non potere per la quasi matematica certezza di essere scioperti - (V)
  8. Avere l'irresistibile impulso di prendere il coltello ben affilato nel secondo cassetto del mobile in camera da pranzo e di usarlo per tagliare via tutta questa carne eccedente che sento premere disgustosamente contro le ossa. Incidere, tagliare e gettare tutto nell'oblio, come se nulla di tutto questo fosse mai esitito  - (V)
  9. Aspettare il con ansia il dopocena per assecondare il proprio desiderio di vomito e sangue - (V)
  10. Ingannare l'attesa piangendo e crivendo questo post - (V)
Direi che per oggi possa bastare.
Sono davvero stanca,
sono davvero sola,
sono davvero stanca di essere sola
ed al contempo totalmente incapace di accettare qualcuno
o qualcosa all'infuori dei miei demoni.

Quanta paura e quanta voglia che qualcuno mi prenda per mano
e mi dica semplicemente: 
 "Da oggi ci penso io a te".
 
Ma nessuno verrà,
nessuno viene mai,
e a me non resta che aspettare ancora un paio d'ore
e non sarò più sola
ma sarò in compagnia della mia ennesima, piccola morte. 

martedì 4 gennaio 2011

La più ridicola e grottesca delle bestie

Capodanno.
La tradizione vuole che si butti dal balcone qualcosa di vecchio,
ma la questa vita è troppo pesante per essere scagliata
e così rimane sempre qui,
ad assorbire polvere e veleno.

"L'uomo è davvero una bestia orrenda"
è stato il primo pensiero di quest'anno nuovo.

Tante formiche che si affannano,
corrono, si contorcono, si agitano, si dibattono.

Ma per cosa?
Per rimandare la morte.
Per avere l'illusione di scacciarla lontano a suon di lustrini e sguardi opachi,
di allontanala a forza di chiassosa e vuota allegria,
di finta gioia, di risate sguaiate.

Perciò, esorcizziamo la morte,
esorcizziamo la vita!

In alto i calici per brindare al buon anno nuovo,
che nulla avrà di diverso se non il nome.

Il tempo ha uno scorrere paziente e regolare,
la convenzione di frazionarlo, celebrarlo, acclamarlo,
non è altro che l'ennesima e superflua dimostraione della piccolezza umana,
incapace di far fronte all'infinità dell'indeterminazione.

Nulla è cambiato allo scoccare della mezzanotte,
Cenerentola non è tornata dal ballo perché non ci è mai andata.

Si va avanti però, sempre.
Come il tempo.

Con le unghie, con i denti,
col l'anima, con le lacrime,
col coraggio e con l' incredibile forza
di non lasciarsi cadere,
di non abbandonarsi mai del tutto.

Perciò è questo il mio augurio per tutte noi per l'ormai corrente anno
e per i prossimi a venire:
Quello di non lasciare mai la presa.
Di non cedere al mondo dei manichini ricolmi di risate vuote,
di ricercare sempre gioie anche piccole ma vere.

Al diavolo sterminate ed inconcludenti liste di buoni propositi,
al diavolo le favole che raccontano di un incantato e salvifico destino
che ci salverà da noi stesse e dal mondo.

Saremo noi stesse a salvarci,
con le unghie, con i denti,
col sudore e con la gioia della nostra forza.

Possiamo farcela,
l'essere ancora qui ne è una prova,
l'arrivare alla fine di questo inferno sarà il premio.

Perciò,
tanti auguri a tutte noi,
di essere sempre forti,
di avere sempre in mente l'obiettivo,
di saper chiedere aiuto,
di saper credere,
di portare avanti questo faticoso percorso di risalita,
che un giorno so che ci ripagherà con la felicità che meritiamo.

Auguri ragazze,
Aspera.