Frasi al vento.

Lascio che le cose mi portino altrove... Ma l' animale che mi porto dentro non mi fa vivere felice mai si prende tutto anche il caffè mi rende schiavo delle mie passioni Svincolarsi dalle convinzioni, dalle pose, dalle posizioni Meccanici i miei occhi di plastica il mio cuore meccanico il cervello sintetico il sapore meccaniche le dita di polvere lunare in un laboratorio il gene dell'amore Supercalifragilespiralitoso, Autofranitendimento

domenica 23 gennaio 2011

Il fallimento dei numeri primi

Ho paura
e non è da me.


Ossessioni su ossessioni,
anche la ricerca della felicità è potenzialmente fatale,
soprattutto nel suo essere costantemente infruttosa.


Perciò per un po' lascerò che sia la malattia con la sua piccola finta gioia a guidarmi.
Non è tempo di cercare un'equilibro reale, adesso.
Non è i momento di raccontarsi favole.
Dopo l'altra sera ho bisogno di una seppur sintetica serenità e l'unica cosa che può darmela ora è... beh, continuare a sbagliare. 
Perciò ben vengano i giramenti di testa, l'alimentazione inesistente e tutte le care vecchie abitudini. 
Bentornati cari fantasmi, forse non ve ne siete mai andati.


Per quante cose non è tempo,
per quante non ha mai smesso di esserlo.


Ieri notte ho iniziato a leggere  La solitudine dei numeri primi, di Paolo Giordano .
Questo libro mi ha sempre suscitato una forte sensazione di paura,
una paura talmente forte che avevo deciso di affrontarla.
Io e la mia mania di affrontare le cose, 
di aggredire le mie paure con le urla
per ricevere puntualmente  sberle.


Può un libro fare paura? Si, se la propria vita ha lo spessore di un foglio di carta.


In un quello che mi è parso un lungo secondo ho letto la prima cinquantina di pagine pagine,
poi ho iniziato a piangere.
Ho chiuso il libro e l'ho affidato al buio dell'ultimo cassetto della libreria.


Nascosto nel buio anche lui, non è il suo momento.


Questo è il fallimento dei numeri primi.


  
Nascondendo il cibo nelle tasche, nel tovagliolo, sotto il tavolo, mi illudo di nascondere me stessa, di proteggermi dal mondo e da me stessa.


I numeri sulla bilancia scendono veloci e con loro, per uni istante, sembrano calare tutte le mie angosce, i miei problemi, le mie piccole miserie quotidiane.


Per un istante fingerò di crederci,
e andrà bene così. 

giovedì 20 gennaio 2011

L'incredibile pesantezza dell'essere

Se avessi dato retta a quella voce nella mia testa che, ieri sera, mi invitava a chiuderla qui, adesso non sarei qui a scrivere questo post.
All'ultimo secondo, invece, una scarica d'istinto auto conservativo (toh, ecco dov'era finito.) ha avuto la meglio.

Non ho mai avuto così paura di nulla come ieri sera ho avuto paura di me stessa.

Mettendo in ordine il bagno e la scatola dei medicinali mi è capitata sottomano una siringa.
Il pensiero è nato fluido, e sempre nitido è andato sviluppandosi, come se fosse una cosa ovvia,
la più giusta delle realtà.

Basta un po' d'aria in vena,
ne serve solo un po'
e la partita finisce qui.

Ho riempito la siringa,
tre centilitri.
L'ho premuta contro la vena,
mi sono guardata allo specchio
poi ho guardato il mio braccio e la siringa
e...l'ho scagliata via.

Non si scappa da qui,
dall'inferno si esce ma non si scappa.

domenica 9 gennaio 2011

To do list

  1. Assecondare l'irrefrenabile impulso di mangiare qualsiasi cosa. - (V)
  2. Bere un litro d'acqua - (V)
  3. Chiudersi in bagno, canticchiando, e vomitare - (V)
  4. Cercare nervosamente di studiare - (V)
  5. Fallire ogni tentativo di concentrarsi e innervosirsi ancoda di più - (V)
  6. Mangiare un'intera scatola di dolci alle 19 di sera, sotto gli sguardi appannati della propria cara famigliola - (V)
  7. Avere il bisogno fisico di tornare in bagno e ripetere il rituale ma non potere per la quasi matematica certezza di essere scioperti - (V)
  8. Avere l'irresistibile impulso di prendere il coltello ben affilato nel secondo cassetto del mobile in camera da pranzo e di usarlo per tagliare via tutta questa carne eccedente che sento premere disgustosamente contro le ossa. Incidere, tagliare e gettare tutto nell'oblio, come se nulla di tutto questo fosse mai esitito  - (V)
  9. Aspettare il con ansia il dopocena per assecondare il proprio desiderio di vomito e sangue - (V)
  10. Ingannare l'attesa piangendo e crivendo questo post - (V)
Direi che per oggi possa bastare.
Sono davvero stanca,
sono davvero sola,
sono davvero stanca di essere sola
ed al contempo totalmente incapace di accettare qualcuno
o qualcosa all'infuori dei miei demoni.

Quanta paura e quanta voglia che qualcuno mi prenda per mano
e mi dica semplicemente: 
 "Da oggi ci penso io a te".
 
Ma nessuno verrà,
nessuno viene mai,
e a me non resta che aspettare ancora un paio d'ore
e non sarò più sola
ma sarò in compagnia della mia ennesima, piccola morte. 

martedì 4 gennaio 2011

La più ridicola e grottesca delle bestie

Capodanno.
La tradizione vuole che si butti dal balcone qualcosa di vecchio,
ma la questa vita è troppo pesante per essere scagliata
e così rimane sempre qui,
ad assorbire polvere e veleno.

"L'uomo è davvero una bestia orrenda"
è stato il primo pensiero di quest'anno nuovo.

Tante formiche che si affannano,
corrono, si contorcono, si agitano, si dibattono.

Ma per cosa?
Per rimandare la morte.
Per avere l'illusione di scacciarla lontano a suon di lustrini e sguardi opachi,
di allontanala a forza di chiassosa e vuota allegria,
di finta gioia, di risate sguaiate.

Perciò, esorcizziamo la morte,
esorcizziamo la vita!

In alto i calici per brindare al buon anno nuovo,
che nulla avrà di diverso se non il nome.

Il tempo ha uno scorrere paziente e regolare,
la convenzione di frazionarlo, celebrarlo, acclamarlo,
non è altro che l'ennesima e superflua dimostraione della piccolezza umana,
incapace di far fronte all'infinità dell'indeterminazione.

Nulla è cambiato allo scoccare della mezzanotte,
Cenerentola non è tornata dal ballo perché non ci è mai andata.

Si va avanti però, sempre.
Come il tempo.

Con le unghie, con i denti,
col l'anima, con le lacrime,
col coraggio e con l' incredibile forza
di non lasciarsi cadere,
di non abbandonarsi mai del tutto.

Perciò è questo il mio augurio per tutte noi per l'ormai corrente anno
e per i prossimi a venire:
Quello di non lasciare mai la presa.
Di non cedere al mondo dei manichini ricolmi di risate vuote,
di ricercare sempre gioie anche piccole ma vere.

Al diavolo sterminate ed inconcludenti liste di buoni propositi,
al diavolo le favole che raccontano di un incantato e salvifico destino
che ci salverà da noi stesse e dal mondo.

Saremo noi stesse a salvarci,
con le unghie, con i denti,
col sudore e con la gioia della nostra forza.

Possiamo farcela,
l'essere ancora qui ne è una prova,
l'arrivare alla fine di questo inferno sarà il premio.

Perciò,
tanti auguri a tutte noi,
di essere sempre forti,
di avere sempre in mente l'obiettivo,
di saper chiedere aiuto,
di saper credere,
di portare avanti questo faticoso percorso di risalita,
che un giorno so che ci ripagherà con la felicità che meritiamo.

Auguri ragazze,
Aspera.